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1. La compagnia e l’Associazione Il Veliero Onlus.

La compagnia nasce originariamente nel 1998 presso il centro riabilitativo A.I.A.S. – città di Monza sulla base di un progetto sperimentale, il “Laboratorio di Espressione teatrale”, nato dall’esigenza di dare risposta ad alcune richieste emergenti arrivati ad un punto di svolta nel loro percorso terapeutico, rispondendo appunto al loro bisogno di autonomia personale e sociale, il confronto con i coetanei, la ricerca di auto-affermazione, il desiderio di mobilità, la volontà di esprimersi in contesti nuovi connotati come ambiente di vita.

Da ciò è nata la compagnia teatrale formata da persone diversamente abili, che presentano patologie organiche con caratteristiche fisiche e psichiche: paralisi cerebrale infantile, ritardo mentale, sindrome di Down, disturbi della personalità.
La compagnia si propone l’utilizzo del linguaggio e dell’espressione teatrale come mezzo educativo, formativo e terapeutico affiancato ad un fine sociale: la possibile considerazione dell’attività teatrale e della circuitazione degli spettacoli come campo di inserimento lavorativo a tutti gli effetti.
La compagnia è supportata dall’associazione IL VELIERO onlus, che promuove la compagnia nell’attività e nella circuitazione, occupandosi primariamente della promozione e dell’organizzazione degli spettacoli previsti, nell’ottica circuitativa esplicata precedentemente.

2. Caratteristiche innovative

Le novità di questa sperimentazione consistono:
» nell’avere aperto una porta sul confine fra possibile e reale, fra pensato e agito, fra desiderio e realizzazione; di operare in uno spazio-contenitore quale lo spazio teatrale dove è possibile dare significato alle esperienze personali perchè vengono raccolte da un pubblico,
» nell’effettuazione di un percorso di ricerca e di formazione che permettesse di passare da uno spazio inizialmente terapeutico ad uno spazio teatrale vero e proprio, potenziando gli aspetti di ricerca culturale, creativa ed espressiva tramite l’approfondimento di tecniche teatrali, permettendo di uscire dalla fase assistenziale dell’intervento stimolando l’apertura a nuove esperienze, utilizzando e valorizzando tutte le tipologie di linguaggio, verbale e non.
» nell’avere usato l’esperienza ed il linguaggio teatrale come mezzo educativo e formativo della persona facendolo diventare un dispositivo educativo. Si quindi stimola un lavoro su se stessi e si favoriscono le conseguenti componenti metabletiche che ne derivano; il teatro come lavoro e mezzo curativo ma anche autoformativo dà un contributo al miglioramento della qualità di vita della persona.
» nel pensare all’attività teatrale come situazione lavorativa per la persona disabile, offrendo ad essa una valida alternativa ad inserimenti lavorativi poco gratificanti, costituendo uno spazio professionale ed artistico a tutti gli effetti.

3. Attività

La compagnia è formata da un gruppo base, formatosi nel 1998 e da un secondo nuovo gruppo. Il gruppo base nel corso della sua attività ha lavorato e costruito la messa in scena di tre testi: “Sogno di una notte di mezza estate”, libero adattamento, “Odissea”, libero adattamento, “Questioni di principio …suscettibili di variazione…”, testi d’autore commentati da improvvisazioni libere.

Esso quindi lavora sulla circuitazione degli spettacoli, ma svolge anche attività di alfabetizzazione e training teatrale.
Gli allestimenti sono stati presentati al S. Carlo di Monza per poi essere replicati in altre sale monzesi e ospitati da altri comuni limitrofi.
Un nuovo gruppo, nato nel 2006, costituito principalmente da adolescenti, ha debuttato nel 2008 con lo spettacolo “SMS: Secondo Mezzo Sogno”, liberamente tratto da “Sogno di una notte di mezza estate” di W. Shakespeare.
Con questo secondo gruppo si è svolta un’attività espressiva di base mirata alla conoscenza di se stessi e all’utilizzo del proprio corpo e vocalità, oltre all’attività mirata alla formazione ed alla compattezza del gruppo.
Si procederà poi con un lavoro sempre espressivo di alfabetizzazione teatrale e alla costruzione di una loro performance.
Il lavoro viene svolto utilizzando varie tipologie di setting (individuale, duale e gruppale), e basandosi sul gruppo come contenitore collettivo di emozioni, pensieri e condivisioni, che stimola e mette alla prova la capacità sociale dell’individuo tramite le dinamiche inter-relazionali che in esso accadono e che ognuno è chiamato ad affrontare.
Inoltre il gruppo ha la caratteristica di essere aperto, a cui può accedere chiunque dimostri un interesse specifico per questo tipo di sperimentazione. In questo modo risulta possibile aprire le porte a nuovi elementi in un contesto già consolidato permettendo la crescita e la maturazione del gruppo di partenza e dando senso al progetto, che è da considerarsi come ponte fra il terapeutico e il sociale.
Il lavoro svolto con entrambi i gruppi riguarda diverse aree:
» l’area espressiva: un lavoro sul linguaggio ma anche sull’espressività corporea tramite esercizi psicomotori, di alfabetizzazione e di training teatrale, oltre all’utilizzo della tecnica dell’improvvisazione, che permette la fuoriuscita delle caratteristiche meno evidenti della personalità del soggetto unite a quelle più evidenti. Inoltre il teatro, tramite l’esercizio della memorizzazione e comprensione del copione, stimola ed esercita le funzioni cognitive della persona.
» l’area relazionale e comunicativa, nella quale si lavora sulle dinamiche gruppali e si stimolano le relazioni in esso. L’attività si concentra molto sul gruppo, perchè in esso ogni singolo individuo si riconosce e la sua individualità è parte integrante di una collettività, il quale andamento dipende da ogni singolo membro (quindi si stimola il senso di responsabilità); inoltre nel gruppo la persona si sente protetta, sostenuta e presa in carico. Si lavora sulle diverse tipologie di linguaggio e sui vari elementi della comunicazione, verbale e non. Le diverse modalità di comunicazione di ogni persona si incontrano, si arricchiscono, si confrontano e si combinano, per poi andare a formare un’unità nello spettacolo finale. La persona quindi è valorizzata nelle sue potenzialità migliori e non si sente esclusa dai suoi limiti, che vengono presi in considerazione ed accettati, ma non visti (come in molti approcci esistenti) come l’unica caratteristica della persona, della quale vengono appunto messe in luce le abilità, non solo le disabilità. Si cerca di stimolare l’aspetto metacomunicativo tramite la riflessione collettiva sulle proprie performance riviste insieme e sulle modalità di espressione di ciascuno. Il palcoscenico è il luogo di relazione nel quale l’attore comunica col pubblico e ha spesso risposte da esso in merito a ciò che fa, incitamenti, applausi, che confermano l’esserci della persona-attore.
» l’area educativo-formativa: l’attività teatrale comporta una formazione del soggetto e numerose componenti metabletiche grazie alla sua somiglianza alla quotidianità della vita, appunto permettendo di rispecchiare se stessi e provarsi, mettersi in gioco in un ambiente protetto dalla finzionalità del palcoscenico, permettendo così di vincere tutte le paure e conseguentemente adottare ciò che si è sperimentato nella vita quotidiana, aumentando così l’autostima e la sicurezza in se stessi. Ciò permette l’analogia teatro-vita e l’opportunità di viversi in esso e spiegarsi tramite esso, di mettere in gioco se stessi totalmente, di giocare con le abilità trasformative del proprio corpo, con la concretezza e anche con le emozioni, nell’accettare e anche nel trasgredire ruoli, personaggi e copioni, ma anche la possibilità di decentrarsi poi da esso e quindi stimolare riflessività, introspezione, cambiamento. L’espressione di emozioni e sentimenti all’interno di un testo teatrale permette di vivere situazioni nelle quali è possibile identificarsi senza esporsi in maniera troppo diretta e costituisce una concreta via di ricerca nella costruzione della propria identità e autonomia di pensiero.
Nell’attività non sono imposti modelli di trasmissione eterodiretta di nozioni, ma si privilegia un approccio educativo-formativo: si crea così un dispositivo che prevede l’induzione all’apprendimento di tecniche e alla strutturazione dello spettacolo con modalità che designano la messa in gioco diretta della totalità della persona insieme al resto del gruppo e al conduttore, sfociando nella possibilità di attivare processi autoformativi che permettano agli attori di trarre insegnamento e arricchimento personale dal proprio e dall’altrui lavoro, altresì favorendo degli spazi di riflessività e di cambiamento. Il teatro come lavoro e mezzo curativo ma anche autoformativo che dà un contributo al miglioramento della qualità di vita della persona (disabile in questo caso); mezzo che tramite l’aiuto e la mediazione dell’educatore aiuta la persona ad accettarsi e appropriarsi del suo essere, a viversi con tutta se stessa, a conoscersi, scoprirsi, a parlare con tutto il corpo, ad avere un’identità, arrivando (a partire da sè) al proprio poter essere come persona unica dotata di valore.
» l’area sociale: L’attività teatrale viene considerata come attività lavorativa a tutti gli effetti, che richiede quindi impegno, flessibilità e assunzione di responsabilità da parte della persona. L’attività e soprattutto gli spettacoli vengono considerati come un’attività lavorativa che favorisce una crescita appunto nella presa di responsabilità e nell’effettuazione dei compiti che un’attività lavorativa richiede, tantochè agli attori per ogni spettacolo viene dato un gettone di presenza, in ottica lavorativa vera e propria.
L’attività della compagnia permette quindi un inserimento sociale della persona, cercando anche di sensibilizzare ed evidenziare il tutto nell’ambiente sociale, al fine di superare le barriere pregiudiziali e preconcettuali che ancora attualmente filtrano la considerazione delle persone diversamente abili da parte della società. Il teatro come mezzo di valorizzazione della differenza e aiuto al superamento di preconcetti e pregiudizi sociali verso la disabilità.
Tramite questo lavoro si dà risposta alle sempre più numerose esigenze di pratiche animative speciali e alla richiesta di ambiti di inserimento lavorativo e sociale della persona diversamente abile.

L’attività attualmente consiste in:
» osservazione delle modificazioni intervenute nel gruppo “storico”
» osservazione sull’integrazione dei nuovi soggetti
» formulazione delle strategie e degli obiettivi (terapeutici-educativi per il singolo, operativi per il gruppo)
» fase propedeutica di addestramento e training teatrale
» studio della messinscena
» prove, recupero dei materiali e rappresentazione
» circuitazione
Il lavoro si svolge fra Settembre e Giugno con un incontro settimanale di due ore per ognuno dei due gruppi, con intensificazioni delle presenze in prossimità dello spettacolo.
Al termine di ogni incontro gli operatori si riuniscono per registrare e analizzare l’andamento del gruppo.

4. Obiettivi

Il progetto è partito da un laboratorio teatrale con finalità prettamente terapeutiche e si è poi sviluppato in una compagnia permanente che alle finalità educative e terapeutiche, che tutt’ora permangono, ha aggiunto finalità e obiettivi da perseguire nel campo sociale.
Infatti gli obiettivi che riguardano la compagnia sono:
» la costituzione di un laboratorio teatrale permanente che operi nel campo della diversa abilità offrendo nel tempo delle valide alternative a inserimenti lavorativi poco gratificanti;
» un laboratorio e una compagnia che valorizzino la professionalità ed il valore di ogni persona, costituendo uno spazio professionale artistico a tutti gli effetti, non permettendo a pregiudizi e a schemi sociali rigidi di escludere questo tipo di professione o comunque interesse anche non primario in senso lavorativo a persone diversamente abili, vista soprattutto oggi la difficoltà di integrazione sociale che esiste per queste persone.
Lo scopo del progetto è quello di mettere i ragazzi nelle condizioni di accedere in autonomia ad ambiti che richiedono l’assunzione di impegni, responsabilità e comportamenti socialmente riconosciuti, e l’attività teatrale integra l’acquisizione di tali competenze con altri aspetti emotivi.
Altri obiettivi sono:
» rendere visibile l’esito di un percorso artistico non ufficiale; potenziare la circuitazione degli spettacoli;
» favorire la creazione di uno spazio privilegiato nel quale il soggetto tramite l’attività possa lavorare su se stesso e sulla propria identità, conoscersi e prendere consapevolezza di sè attuando così dinamiche autoformative attraverso la creazione di spazi di riflessività.
» creare uno spazio che difficilmente la quotidianità offre ad un disabile, occasione pressochè unica per molti utenti (ormai fuori dal circuito educativo) di mantenere e consolidare alcuni aspetti cognitivi e culturali e stimolare l’interesse per attività più gratificanti.
» sottolineare che il teatro, come disciplina artistica, permette la manifestazione di sensibilità e predisposizioni al di là di qualsiasi disarmonia;
» consentire l’acquisizione di una più dignitosa dimensione esistenziale
» contribuire, mediante il consolidamento e la diffusione di questa esperienza, al superamento di preconcetti personali e pregiudizi sociali nei confronti dell’ handicap e alla valorizzazione di ogni forma di differenza.
» Fornire alle scuole di diverso ordine e grado un ulteriore strumento per rafforzare le prospettive educative, attraverso visioni e dibattiti.
Gli intenti futuri sono quelli di realizzare un laboratorio permanente ad alto valore professionale, in modo da costituire una valida alternativa a inserimenti lavorativi poco gratificanti e a volte problematici; ciò permette una maggior responsabilizzazione e continuità da parte degli attori, dovuta ad un incremento dell’impegno in termini di tempo e qualità; un incremento dell’autostima e della motivazione personale ed un maggior rispetto degli impegni che l’attività comporta.
Seguendo questa linea diventerebbe determinante potenziare lo staff operativo con l’inserimento di specialisti (logopedisti, insegnanti di canto, musicisti etc..) pronti a migliorare la qualità dell’intervento.
Questa prospettiva si rende necessaria nel momento in cui si profili la necessità di superare difficoltà oggettive e qualora la scelta della rappresentazione implichi la conoscenza di linguaggi specifici (mimo, canto, danza).
Il laboratorio diventerebbe una realtà pilota per eventuali laboratori satelliti coordinati. Il modello è quindi esportabile, concetto che si afferma con il potenziamento della circuitazione e del rapporto tra enti pubblici e privati che individuano nel teatro un mezzo per migliorare la qualità di vita della persona diversamente abile, dando così risposta alla crescente domanda di pratiche di animazione finalizzate all’integrazione sociale di persone diversamente abili.

5. Le funzioni degli operatori

Il teatrante-conduttore, ufficialmente regista, ha il compito di:

» instaurare un rapporto di fiducia con i ragazzi, sulla base di una scelta operata autonomamente dai ragazzi di avvicinarsi al teatro;
» osservare e conoscere le particolarità di ogni singolo partecipante;
» stimolare e contenere, in accordo con gli operatori, le aspettative, le risposte ed i comportamenti dei ragazzi;
» impartire le regole del palcoscenico e la disciplina teatrale evitando di cadere nella rigida dialettica regista (dittatore)-attori (strumenti);
» proporre il percorso propedeutico al fine di una minima alfabetizzazione teatrale;
» progettare in senso globale l’idea dello spettacolo, in accordo con gli altri operatori.
La psicologa ha il compito di:
» valutare la motivazione, l’interesse, la capacità di tenuta emotiva dei ragazzi che vorrebbero entrare a far parte del gruppo;
» accompagnare i componenti del gruppo nel loro percorso verso l’autonomia nel prendere decisioni, nell’ambito delle relazioni sociali, delle problematiche affettivo-emotive;
» fare da osservatore durante le prove allo scopo di portare un contributo nel lavoro di verifica comune con gli operatori;
» partecipare alla stesura del progetto e della documentazione finale.
Il responsabile artistico ha il compito di:
» coadiuvare il regista nella scelta e nell’adattamento del testo e di affiancarlo durante lo svolgimento delle prove;
» progettare e curare la scenografia, i costumi, il trucco; si confronta con gli operatori per verificare ed eventualmente correggere lo sviluppo del lavoro;
» partecipare alla stesura del progetto e della documentazione finale.
L’educatore si occupa di:
» valutare nelle modalità di svolgimento del lavoro le componenti e le dinamiche educativo-formative ed auto-formative;
» partecipare alla creazione di un dispositivo che prevede l’induzione all’apprendimento di tecniche e alla strutturazione dello spettacolo con modalità che designano la messa in gioco diretta della totalità della persona;
» contribuire all’attivazione di processi autoformativi che permettono agli attori di trarre insegnamento e arricchimento personale dal proprio e dall’altrui lavoro, altresì favorendo degli spazi di riflessività e di cambiamento;
» collaborare con il conduttore quando il lavoro si concentra sul setting di piccolo gruppo, favorendo una modalità di intervento più analitica;
» partecipare alla stesura del progetto e alla documentazione finale.